Onorevoli Colleghi! - L'esercizio di centrali termoelettriche, per gli impatti ambientali e territoriali, i costi di costruzione e di funzionamento e gli interessi economici e finanziari coinvolti, è da ritenere un aspetto fondamentale del settore energetico che ha ripercussioni sia a livello locale che nazionale.
      Sempre più la localizzazione e il potenziamento delle centrali termoelettriche costituiscono problematiche molto complesse e di difficile gestione e risoluzione sul territorio.
      Negli anni sessanta, settanta e ottanta, le centrali elettriche venivano considerate opportunità di sviluppo economico e occupazionale di aree povere (ad esempio, Brindisi o, nel mantovano, Sermide, Ostiglia, Ponti sul Mincio) e investimenti in grado di arrestare i flussi migratori verso altre province. Attualmente, il livello di sensibilizzazione raggiunto dalla cittadinanza sul tema delle centrali termoelettriche porta questi impianti a essere percepiti, nel territorio, come fonte di inquinamento con forti ripercussioni sull'ambiente, la salute e la compatibilità con le produzioni agro-alimentari; così, anche sul piano economico, le nuove centrali e quelle vecchie rinnovate e notevolmente ripotenziate non si trasformano in volano di sviluppo economico e occupazionale locale.
      Oggi, di fatto, alle molteplici funzioni attribuite alla provincia quale ente di coordinamento e governo del territorio non corrispondono adeguati trasferimenti di risorse al fine di poter svolgere adeguatamente i vecchi e i nuovi compiti assegnati dalla riforma costituzionale.
      Inoltre, la legislazione vigente nel settore energetico riconosce alla provincia

 

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una addizionale che, purtroppo, è commisurata solo ai consumi energetici effettuati nel territorio e non alla potenza installata o alla produzione effettivamente realizzata nel territorio provinciale. Infatti, il decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, prevedeva un'addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica, inizialmente pari a 11,5 lire (euro 0,00594) per kWh sui consumi non domestici fino a 200.000 kWh di consumi mensili; la legge n. 133 del 1999 ha poi previsto, dall'anno 2000, un incremento obbligatorio dell'addizionale da 11,5 lire (euro 0,00594) a 18 lire (euro 0,0093) per kWh e la facoltà di incrementare l'aliquota fino a 22 lire (euro 0,01136).
      La legislazione vigente, dunque, penalizza fortemente i territori ospitanti centrali termoelettriche di scarso consumo energetico e di forte produzione. È un po' come «il cane che si morde la coda», perché la presenza di una centrale termoelettrica spesso localizzata in un'area povera, magari con l'intento di creare sviluppo, in realtà allontana la localizzazione di imprese artigianali e industriali produttive nel territorio, con relativo aumento dei consumi energetici. Potremmo affermare che più un territorio è un «grande produttore» di energia e più risulta «piccolo consumatore» di energia. È la doppia faccia della stessa medaglia che caratterizza il settore energetico in Italia e a livello internazionale.
      Ad esempio, nel territorio meno sviluppato della provincia di Mantova, la potenza lorda termoelettrica installata è pari al 46,8 per cento della potenza lorda termoelettrica installata nella regione Lombardia a fronte di un consumo di solo il 5,74 per cento dell'energia complessivamente consumata nella regione.
      La presente proposta di legge, nata da un'idea del Capo di Gabinetto della provincia di Mantova, Mario Iridile, prende atto della situazione fortemente penalizzante che esiste nei territori provinciali, là dove sono localizzate le centrali termoelettriche, e pone rimedio a una normativa «ingiusta» e assolutamente inadeguata, basata su una addizionale legata solo ai consumi.
      La presente proposta di legge introduce una norma che istituisce una nuova entrata per le province nel cui territorio sono localizzate centrali che producono energia elettrica, prevedendo, a carico dei gestori di queste ultime, un tributo commisurato alla produzione di energia elettrica effettivamente realizzata.
      In particolare, si introduce l'articolo 6-bis del citato decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20. Con esso viene istituita un'imposta sulla produzione di energia elettrica realizzata, a esclusione di quella proveniente da fonti rinnovabili, a carico delle imprese che gestiscono le centrali che producono energia elettrica; le province interessate sono obbligate a utilizzare questi introiti prevalentemente per finanziare interventi di compensazione e risanamento ambientale e di incentivazione della diffusione di impianti di energie rinnovabili nonché per favorire l'occupazione nel proprio territorio.
 

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